Giugno 8, 2025

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Scossa ad Harvard: l’amministrazione Trump vieta l’iscrizione di studenti internazionali

Una decisione che ha fatto tremare le fondamenta del mondo accademico americano: l’amministrazione Trump ha vietato ad Harvard University di accogliere nuovi studenti internazionali. È un colpo diretto a una delle istituzioni più rinomate degli Stati Uniti, simbolo dell’eccellenza accademica a livello globale.

La notizia è arrivata attraverso una lettera firmata da Kristi Noem, segretaria alla Sicurezza Interna, inviata giovedì alla direzione dell’università. Nel documento si comunica che Harvard ha perso la certificazione del programma per studenti e visitatori di scambio, un requisito indispensabile per poter iscrivere studenti stranieri. E l’effetto della revoca è immediato.

La misura si inserisce in un quadro più ampio di tensione tra l’amministrazione Trump e le università d’élite, che il presidente accusa da tempo di essere centri di diffusione di ideologie “woke” — un termine spesso usato in senso critico per indicare una sensibilità progressista verso temi sociali come razzismo, disuguaglianze e diritti civili.

Non solo: Harvard, come altre università, è stata criticata dalla Casa Bianca anche per la gestione di episodi di antisemitismo nei campus, giudicata insufficiente.

L’esclusione degli studenti internazionali rappresenta un duro colpo non solo per Harvard, che ogni anno attrae migliaia di candidati da tutto il mondo, ma anche per l’immagine degli Stati Uniti come polo accademico globale. In un contesto in cui l’istruzione superiore è spesso anche una diplomazia culturale, la decisione rischia di isolare ancora di più l’America dai giovani talenti stranieri.

Resta ora da capire se e come la storica università di Cambridge reagirà a questa mossa, e quali saranno le conseguenze per il panorama universitario nazionale e internazionale.

Addio al centesimo: gli Stati Uniti dicono basta alla moneta da un penny

È la fine di un’era per le monetine di rame che da più di un secolo tintinnano nelle tasche degli americani. Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha annunciato che presto non verranno più coniati penny: l’iconica moneta da un centesimo è destinata a scomparire.

La decisione, confermata da una portavoce del Tesoro e anticipata dal Wall Street Journal, arriva dopo anni di dibattito e porta con sé un risparmio significativo: ogni penny, infatti, costa quasi quattro centesimi per essere prodotto. Un paradosso che, secondo i calcoli del governo, pesa per circa 56 milioni di dollari ogni anno.

L’ex presidente Donald Trump aveva già lanciato la proposta di eliminarli lo scorso febbraio, presentandola come una misura di buon senso economico. Ora, con l’ultima ordinazione di metallo grezzo per i penny già effettuata, il conto alla rovescia è iniziato: una volta esaurite le scorte, la produzione sarà ufficialmente chiusa.

Gli Stati Uniti non sono i primi a compiere questo passo. Paesi come il Canada, la Nuova Zelanda e l’Australia hanno già abbandonato le loro monete da un centesimo, adattando la propria economia a un sistema di arrotondamenti automatici nei pagamenti in contanti.

Per molti americani, il penny non era più utile da tempo. Eppure, per altri, resta un simbolo culturale legato alla figura di Abraham Lincoln e al mito della parsimonia quotidiana. Con la sua uscita di scena, si chiude un piccolo ma significativo capitolo della storia monetaria degli Stati Uniti.

Missili Houthi sfiorano un F-35 americano: cresce il rischio di escalation nel Mar Rosso.

Secondo un’inchiesta del New York Times, un missile terra-aria lanciato dagli Houthi ha quasi colpito un F-35 statunitense — il fiore all’occhiello della superiorità aerea americana — impegnato nell’Operazione Rough Rider. Il jet è stato costretto a manovre evasive per evitare l’impatto. In precedenza, gli Houthi avevano già abbattuto sette droni MQ-9 Reaper, del valore di circa 30 milioni di dollari ciascuno, ostacolando la capacità di sorveglianza USA nella regione.

Gli analisti avvertono che, nonostante i sistemi di difesa aerea Houthi siano considerati rudimentali, la loro alta mobilità e imprevedibilità li rende particolarmente insidiosi. Molti missili sono improvvisati, con sensori a infrarossi e armamenti riadattati, capaci di evitare la rilevazione anticipata anche dai radar americani più avanzati.

Inoltre, gli Houthi dispongono di sistemi moderni forniti dall’Iran, come i Barq-1 e Barq-2, capaci — secondo fonti del gruppo — di colpire a distanze fino a 70 km e altitudini oltre i 20.000 metri.

Lo scampato abbattimento di un F-35 da parte di un gruppo ribelle come gli Houthi solleva interrogativi gravi sulla vulnerabilità delle forze occidentali in scenari asimmetrici. L’incidente segnala anche la crescente efficacia delle armi iraniane distribuite a proxy regionali, trasformando i conflitti locali in banchi di prova per tecnologie avanzate. Se un caccia stealth di quinta generazione può essere minacciato da un SAM improvvisato o iraniano, le implicazioni per la sicurezza globale — e per un potenziale confronto diretto con Teheran — sono enormi.