La coalizione di governo della Repubblica Democratica del Congo, Unione Sacra della Nazione (USN), ha annunciato una “mobilitazione totale in tutto il paese” prevista per venerdì 19 dicembre. Non si tratta di un appello alle armi contro il gruppo ribelle M23, ma di una protesta di massa contro le loro avanzate nell’est del Paese.
Secondo quanto dichiarato dall’USN, i cittadini scenderanno in piazza per “esprimere il loro rifiuto dell’aggressione e il loro sostegno alla sovranità del paese”. La mobilitazione, dunque, avrà un carattere politico e simbolico, volto a rafforzare l’unità nazionale in un momento di forte tensione.
Il movimento ribelle M23, attivo principalmente nella provincia del Nord Kivu, ha intensificato le proprie operazioni negli ultimi mesi, conquistando nuove posizioni e mettendo in difficoltà le forze armate congolesi. Le offensive hanno provocato migliaia di sfollati e aggravato una crisi umanitaria già drammatica.
Il governo di Kinshasa accusa l’M23 di ricevere sostegno esterno, in particolare dal vicino Ruanda, accusa che Kigali respinge. La comunità internazionale segue con attenzione gli sviluppi, mentre le Nazioni Unite e l’Unione Africana hanno più volte invitato le parti a un cessate il fuoco e a un dialogo politico.
La scelta dell’USN di convocare manifestazioni pacifiche su scala nazionale rappresenta un tentativo di trasformare la rabbia popolare in un messaggio politico chiaro: il Congo non intende cedere di fronte alle pressioni dei ribelli e rivendica la propria sovranità. Le proteste, se partecipate, potrebbero rafforzare la legittimità del governo e mostrare al mondo un fronte interno compatto.
Al tempo stesso, la mobilitazione è anche un segnale rivolto alla comunità internazionale: Kinshasa chiede maggiore sostegno per difendere il proprio territorio e per affrontare una crisi che rischia di destabilizzare l’intera regione dei Grandi Laghi.
Resta da capire quale sarà l’impatto concreto delle manifestazioni. Se da un lato potrebbero rafforzare la coesione interna, dall’altro non è certo che possano influenzare direttamente le operazioni militari sul campo. L’M23 continua a rappresentare una minaccia significativa e la popolazione civile resta la principale vittima del conflitto.
La giornata del 19 dicembre si annuncia dunque come un momento cruciale: un banco di prova per la capacità del governo di mobilitare il Paese e di trasformare la protesta in un messaggio politico forte, in grado di attirare l’attenzione internazionale e di consolidare il sostegno interno.

