Il confine tra Thailandia e Cambogia è tornato ad essere teatro di scontri armati, con bombardamenti, raid aerei e migliaia di sfollati. Il conflitto, esploso il 24 luglio nei pressi del tempio di Ta Muen Thom, ha provocato decine di vittime, soprattutto civili thailandesi, e ha riacceso una disputa territoriale che affonda le radici nel periodo coloniale francese.
Le cause del conflitto
La tensione tra i due Paesi nasce da rivalità storiche legate alla demarcazione dei confini. Nel 1907, la Francia — allora potenza coloniale in Cambogia — tracciò una linea di frontiera mai riconosciuta dalla Thailandia. La zona contesa ospita templi khmer di grande valore storico e religioso, come Preah Vihear e Ta Muen Thom, che entrambi i Paesi rivendicano.
Ma le motivazioni non sono solo territoriali. In Cambogia, il conflitto ha offerto al potente ex premier Hun Sen l’occasione di tornare sulla scena politica, rafforzando il consenso attorno al figlio Hun Manet, oggi primo ministro. In Thailandia, la crisi ha travolto la premier Paetongtarn Shinawatra, sospesa dopo la diffusione di un audio compromettente con Hun Sen, che ha innescato proteste e una crisi istituzionale.
A complicare il quadro ci sono anche interessi economici: giacimenti di gas e petrolio nel Golfo della Thailandia, la concorrenza tra casinò transfrontalieri e la gestione dei cosiddetti “centri truffa” — strutture illegali legate a frodi online e scommesse clandestine.
Le implicazioni geopolitiche
Il conflitto ha già avuto ripercussioni diplomatiche: ambasciatori espulsi, frontiere chiuse, restrizioni commerciali e blackout energetici. La Cambogia ha vietato l’importazione di frutta, energia e servizi internet dalla Thailandia, mentre Bangkok ha ritirato il proprio ambasciatore e rafforzato la presenza militare lungo il confine.
A livello regionale, la crisi mette in difficoltà l’ASEAN, già provata dalla guerra in Myanmar e dalle tensioni economiche globali. La Cina, alleata della Cambogia, e gli Stati Uniti, storicamente vicini alla Thailandia, osservano con attenzione, temendo che l’instabilità possa compromettere rotte commerciali strategiche e accordi bilaterali.
Inoltre, l’escalation arriva in un momento delicato per le relazioni economiche tra l’Asia e gli Stati Uniti, con Washington pronta a imporre dazi fino al 36% sui prodotti provenienti dal Sud-est asiatico. La guerra tra Thailandia e Cambogia rischia di frammentare ulteriormente il fronte regionale, ostacolando una risposta comune alle pressioni esterne.
Uno scenario incerto
Nonostante le dichiarazioni di apertura al dialogo, le azioni sul campo indicano una volontà di rafforzare le posizioni negoziali più che di cercare una soluzione duratura. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha discusso la crisi, ma senza risultati concreti. Intanto, oltre 270.000 persone sono state evacuate e le operazioni militari continuano.
La guerra tra Thailandia e Cambogia non è solo una disputa di confine: è il riflesso di fragilità politiche interne, ambizioni economiche e rivalità storiche che rischiano di destabilizzare l’intera regione. La comunità internazionale è chiamata a intervenire con fermezza, prima che il conflitto si trasformi in una crisi permanente nel cuore del Sud-est asiatico.

