Giugno 8, 2025

Osservazioni e Considerazioni Strategiche dopo l’Operazione a Kursk

Introduzione:

Dal 6 agosto 2024, le forze armate ucraine sono penetrate in territorio russo, occupando in poco più di due settimane circa 1000 km² di territorio della Federazione Russa, nell’oblast’ di Kursk.

L’attacco al territorio nazionale russo è un evento senza precedenti nella storia recente del Paese, che ci riporta inevitabilmente indietro di oltre 80 anni (escludendo il breve conflitto di frontiera sino-sovietico, di tutt’altra natura) all’invasione delle forze dell’Asse, avvenuta tramite l’Operazione Barbarossa il 22 giugno 1941.

Oltre ai proclami e ai riferimenti storici che circondano questa vicenda, l’operazione ucraina a Kursk ha tutt’altro significato, e le ripercussioni dell’attacco avranno non poca influenza sul futuro del conflitto e sulla bilancia strategica.

In questa breve analisi, rifletteremo sulle considerazioni strategiche prese dallo Stato Maggiore ucraino per valutare come auspicabile un’operazione offensiva in territorio russo in questo frangente bellico, e faremo una prima osservazione sui mutamenti dei rapporti di forza tra i due schieramenti in campo.

Contesto e situazione strategica:

L’esercito ucraino combatte da oltre un anno una guerra di attrito in posizione difensiva, dopo il fallimento dell’offensiva estiva nell’oblast’ di Zaporizhzhia nel 2023, che ha avuto come principali conseguenze il ritorno dell’iniziativa nelle mani delle forze armate russe e il lento logoramento dell’organico in servizio, riducendone i ranghi e la qualità.

Il 2024 non è stato un anno migliore per Kiev: iniziato con la perdita di Avdiivka nel Donbass, la crisi energetica a seguito della campagna aerea invernale russa, l’obbligatoria nuova mobilitazione militare e il rinnovato attacco russo all’oblast’ di Kharkiv, ha minato il supporto politico interno e internazionale allo Stato ucraino, in un lento calo dei consensi per Zelensky e i risultati del suo establishment, oltre che delle forniture di armamenti da parte degli Stati Uniti e i paesi NATO, nonostante le retoriche.

Per quale ragione un attacco in Russia?

Nonostante lo Stato Maggiore ucraino non abbia chiarito gli obiettivi operativi e strategici dell’operazione per ragioni di sicurezza, possiamo ipotizzare che le ragioni siano state molteplici e di diversa importanza:

  • Portare il conflitto in territorio russo è sempre stato uno degli obiettivi di Kiev per spingere l’establishment di Mosca a scendere al tavolo delle trattative, interrompendo l’operazione speciale a causa delle crescenti tensioni sociali e dell’instabilità interna causata dalle forze ucraine. A tal fine, l’Ucraina ha lanciato nell’inverno 2023 una campagna aerea con droni e sabotaggi per colpire in profondità il settore petrolchimico e infrastrutturale russo.
  • Distogliere l’attenzione delle forze armate russe in Ucraina dal Donbass per difendere il territorio nazionale attaccato, riducendo così la forte pressione che l’esercito ucraino patisce in diversi settori del fronte, a causa della superiore forza numerica e delle risorse schierate nella regione.
  • Elevare il morale dell’opinione pubblica interna e dimostrare agli alleati internazionali le capacità offensive ucraine, mostrando la capacità di poter ancora ribaltare le sorti del conflitto a favore dell’Ucraina, riaccentrando il sostegno politico/militare intorno al Paese.
  • Ottenere territorio di scambio con la Federazione Russa in vista di un possibile tavolo delle trattative, che presto o tardi arriverà e di cui anche il governo ucraino è ben consapevole.

Per quale ragione Kursk?

L’esercito ucraino ha individuato nell’oblast’ di Kursk un punto di debole presenza militare russa e una vantaggiosa conformazione morfogeografica che ha facilitato le azioni di penetrazione in profondità e che, in futuro, garantirà una buona capacità difensiva nel settore, grazie alla protezione dei fianchi offerta da due brevi fiumi (il Seym e il Psel) e alla presenza di poche decine di chilometri di terreno aperto, da difendere con forze adeguate.

Perché ora?

L’azione offensiva avviene in un contesto militare difficile per l’esercito e il governo ucraino, in cui la ricerca di vie d’uscita dalla guerra d’attrito nel Donbass e la necessità di consenso politico interno e internazionale hanno spinto gli organi decisionali a cercare alternative per riaprire la partita, tramite azioni ad alto rischio ma con potenziale ritorno elevato. Ciò è particolarmente rilevante in relazione all’incertezza delle linee rosse di Mosca e alla possibilità di creare una spaccatura nella società russa o nel suo establishment, segnando un punto di svolta per gli equilibri di forza tra i due Stati in futuro.

Osservazioni e considerazioni alla luce degli eventi avvenuti finora:

L’attacco intrapreso dal generale Syrs’kyj con il consenso politico di Zelensky dimostra che il più grande nemico di Kiev è il fattore tempo e che, nonostante i proclami, esso porterà inevitabilmente, prima o poi (al termine delle risorse belliche disponibili), le parti in conflitto a un tavolo delle trattative, in cui attualmente l’Ucraina non è favorita.

Nel tentativo di cambiare o ribaltare la situazione, l’Ucraina si è lanciata in una “fuga in avanti” per invertire una tendenza lineare che la conduce verso il plateau delle operazioni, seguito da un raffreddamento del fronte e, di conseguenza, dell’interesse internazionale per la questione ucraina.

Questo rischio è stato probabilmente il fattore principale che ha portato a tentare di sbloccare una situazione di stallo, se non addirittura di svantaggio, per le forze ucraine, incentivando la Russia a rispondere a un’escalation senza precedenti con azioni avventate ed emotive, che avrebbero potuto muovere nuove pedine in un sistema che tende a chiudersi su sé stesso in un campo d’azione sempre più limitato (soprattutto nel Donbass).

Tuttavia, allo stato attuale, le forze armate della Federazione Russa non hanno abboccato alla potenziale trappola di Kursk.

Putin e i vertici militari non hanno né dichiarato guerra all’Ucraina (proclamando lo stato d’invasione), né spostato ingenti forze dal fronte sud nel Donbass, preferendo invece spostare unità di minor qualità ed efficacia da fronti minori o da altri confini del Paese, principalmente dalla zona offensiva di Kharkiv (ora in stallo), a costo di una maggiore penetrazione ucraina in territorio russo nei pressi di Kursk.

In questo senso, la strategia russa punta al contenimento e all’esaurimento della spinta offensiva avversaria, creando una difesa elastica piuttosto che cercare di respingere con forza le truppe ucraine, qualitativamente superiori, dalla regione.

Per comprendere meglio il motivo di questa scelta, è necessario capire quali sono gli obiettivi strategici delle forze in campo e come essi stabiliscano una gerarchia di priorità tra le necessità militari e quelle politiche in guerra:

  • L’Ucraina mira a riportare il Paese ai confini del 1991 (o perlomeno del 2014), a entrare sotto l’ombrello di protezione della NATO/UE e a neutralizzare la forza militare e politica russa per i decenni a venire, costituendo una fonte di sicurezza per il futuro del Paese.
  • La Federazione Russa mira alla capitolazione (de facto) dell’Ucraina e all’assorbimento del Paese nella sfera d’influenza russa, o in alternativa alla creazione di uno stato cuscinetto tra la NATO e la Russia per proteggere i propri interessi nazionali.

A livello operativo, queste differenze comportano la definizione di diversi obiettivi militari che, da parte ucraina, si traducono in: riconquista dei territori persi nel 2022, con priorità per il Donbass, danneggiamento a oltranza delle capacità delle forze armate russe (attacchi a basi aeree, depositi, personale attivo, porti e altre infrastrutture strategiche) e logoramento della società ed economia russa tramite sabotaggi, infiltrazioni e danni d’immagine internazionali.

Da parte russa, invece, si traducono in: ultimazione della conquista del Donbass (priorità), annientamento delle capacità operative delle forze armate ucraine e crisi della società civile tramite distruzione delle infrastrutture energetiche e produttive del Paese.

Con queste informazioni, possiamo comprendere perché, nonostante il danno d’immagine politico interno subito, Putin non abbia optato per la risoluzione rapida dell’attacco a Kursk, preferendo mantenere il vantaggio sul campo nel Donbass, continuando a spingere sui fronti ora più sguarniti ucraini, alla ricerca del punto di rottura dell’avversario nella regione, per raggiungere quelli che per la Russia sono gli obiettivi operativi più importanti e che porterebbero in ultima analisi a una vittoria strategica.

Seguendo questa logica, dunque, le forze armate ucraine avrebbero impiegato le loro forze qualitativamente migliori ed esperte (una buona parte della riserva strategica nazionale) per un’operazione che, nonostante si sia rivelata una vittoria tattica e un parziale successo operativo (danno alla società russa e alle forze armate russe nella regione), non migliora in modo apprezzabile nessuno degli obiettivi strategici nazionali, fondamentali per dichiarare l’operazione di Kursk una vittoria strategica, a parità di forze e risorse impiegate. In ultima analisi, ciò decreta il fallimento del tentativo di far tremare le istituzioni russe e le loro forze armate, portando a cambiamenti reali nei rapporti di forza sul campo in grado di dare un vantaggio all’Ucraina nel lungo termine.

Conclusioni:

Nel prossimo futuro, l’operazione di Kursk proseguirà e si trasformerà nel tempo da un’azione offensiva a un’azione difensiva, con l’obiettivo di mantenere il più a lungo possibile il controllo del territorio russo e bloccare nella regione il maggior numero possibile di forze russe. È dunque prevedibile una situazione simile a quella portata avanti dalle forze russe nell’oblast’ di Kharkiv (con molto meno successo).

Alla luce degli eventi e delle scelte politico-militari, l’Ucraina è attualmente sotto forte pressione interna ed esterna, che sta incidendo e inciderà significativamente in futuro su ulteriori azioni ad alto rischio e di difficile previsione (persino da parte dei suoi stessi alleati), come ad esempio un’escalation con un attacco in forze al ponte di Crimea, nel tentativo di costringere la Federazione Russa a commettere azioni impulsive e altrettanto pericolose, alzando la posta per tutti gli attori coinvolti: NATO, UE, Cina, Ucraina e Russia; costringendo le parti ad aumentare il proprio coinvolgimento nel conflitto (o ad allontanarsene), portando così a Kiev il preziosissimo tempo necessario per migliorare la bilancia strategica nei confronti di Mosca.

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