Giugno 8, 2025

Europa

L’Unione Europea e Siria: Nuovo Capitolo Diplomatico?

L’Unione Europea ha avuto una posizione storicamente critica nei confronti della Siria, soprattutto durante il regime di Bashar al-Assad. Per oltre un decennio, l’UE ha imposto sanzioni economiche e diplomatiche al paese, limitando le relazioni finanziarie e commerciali con il governo siriano. Tuttavia, con la caduta di Assad nel dicembre 2024, l’UE ha iniziato a modificare il proprio approccio, sospendendo alcune sanzioni per facilitare la transizione politica e la ricostruzione economica.
Negli ultimi giorni, una delegazione dell’Unione Europea ha visitato Damasco, segnando un possibile cambiamento nelle relazioni tra l’UE e la Siria. Durante l’incontro, il capo della missione dell’UE in Siria, Mikhael Onmacht, avrebbe dichiarato che i nuovi finanziamenti europei saranno coordinati direttamente con il governo siriano, un passo che suggerisce una normalizzazione dei rapporti diplomatici dopo anni di tensioni.

Secondo quanto riportato, Onmacht ha affermato che le relazioni tra l’UE e la Siria ora assomigliano a quelle con qualsiasi altro paese amico e ha sottolineato l’interesse dell’Unione nell’aprire le banche europee ai mercati siriani. Un cambiamento significativo, considerando le sanzioni e le restrizioni economiche che hanno caratterizzato il decennio precedente.

Un altro punto chiave discusso durante la visita riguarda la possibile reintegrazione della Siria nella Carta del Mediterraneo, proposta dalla commissaria dell’UE Dobraka Switsha. Questo passo potrebbe rafforzare la cooperazione regionale e facilitare l’integrazione economica e politica della Siria nello spazio mediterraneo. Switsha ha anche sottolineato che la ricostruzione del paese sarà guidata interamente dal governo siriano, con il sostegno europeo focalizzato sul ritorno volontario e sicuro dei rifugiati.

Un altro aspetto rilevante è la posizione dell’UE riguardo agli attacchi israeliani in Siria. Switsha ha dichiarato che la posizione dell’Unione è “chiara” contro tali attacchi, considerandoli una violazione del diritto internazionale. Questo potrebbe influenzare le dinamiche geopolitiche nella regione e sollevare interrogativi sul futuro delle relazioni tra Bruxelles e Tel Aviv.

Tuttavia, al momento non esistono conferme ufficiali sulle dichiarazioni attribuite ai rappresentanti europei. Se fossero veritiere, segnerebbero una svolta importante nella politica dell’UE verso la Siria, un paese che ha vissuto anni di conflitto e crisi umanitaria.

Il nuovo panorama diplomatico suggerisce che l’Europa stia rivalutando il proprio approccio nei confronti della Siria, ma restano molte incognite su come evolverà la situazione e su quali saranno le implicazioni a lungo termine.

Palermo ricorda Falcone tra memoria e polemiche

Palermo ricorda Falcone tra memoria e polemiche

Palermo ha commemorato il 33° anniversario della Strage di Capaci, l’attentato mafioso che il 23 maggio 1992 costò la vita al giudice Giovanni Falcone, a sua moglie Francesca Morvillo e agli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro.

Le celebrazioni ufficiali

La Fondazione Falcone, presieduta da Maria Falcone, ha organizzato eventi istituzionali per onorare la memoria del magistrato. Il fulcro delle celebrazioni è stato il Museo del Presente, inaugurato a Palazzo Jung, che raccoglie oggetti appartenuti a Falcone e Borsellino. Alla cerimonia hanno partecipato tre ministri, autorità civili e militari, oltre a numerosi studenti coinvolti in iniziative educative.

Alle 17:58, ora dell’esplosione della bomba, il Silenzio è stato suonato dal trombettiere della Polizia di Stato, accompagnato dalla lettura dei nomi delle vittime da parte di Piero Grasso.

Le polemiche e la contromanifestazione

Parallelamente alle celebrazioni ufficiali, si è svolta una contromanifestazione promossa da CGIL, Libera e Next Gen, con il corteo “Non chiedeteci silenzio”, che ha criticato le istituzioni e denunciato il rischio di oblio e omertà. Il corteo ha protestato contro l’anticipo del minuto di silenzio davanti all’Albero Falcone, considerato un gesto di esclusione.

Anche Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, ha partecipato alla manifestazione alternativa, sottolineando la necessità di una memoria attiva e di un impegno concreto contro la mafia.

Un anniversario tra memoria e divisioni

La commemorazione di Falcone continua a dividere Palermo tra chi celebra la memoria istituzionale e chi chiede maggiore trasparenza e impegno nella lotta alla mafia. Il Museo del Presente rappresenta un passo avanti nella conservazione della memoria, ma le polemiche dimostrano che il dibattito sulla giustizia e sulla lotta alla criminalità organizzata è ancora aperto.

L’Australia invia carri armati Abrams all’Ucraina, ma Washington non è convinta.

L’Australia ha iniziato a spedire 49 carri armati M1A1 Abrams dismessi verso l’Ucraina. Si tratta di mezzi corazzati di fabbricazione americana, noti per la loro potenza ma anche per la complessità logistica e i costi elevati di manutenzione. I carri sono attualmente in viaggio via mare, anche se il governo australiano non ha rivelato dove si trovino o quando arriveranno, citando motivi di sicurezza.

Durante un incontro notturno a Roma, il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy ha ringraziato il primo ministro australiano Anthony Albanese per l’invio, confermando che la flotta è ufficialmente diretta al fronte.

I carri armati sono americani, quindi l’Australia, prima di cederli a un altro Paese, ha dovuto ottenere l’autorizzazione da Washington. Questa è una prassi comune nei contratti militari per controllare la destinazione finale degli armamenti sensibili.

Sebbene gli Stati Uniti abbiano dato il via libera, diversi funzionari a Washington hanno espresso, in forma anonima, frustrazione per la decisione australiana. Uno di loro ha spiegato che

“già l’anno scorso avevamo avvertito l’Australia: questi carri sono difficili da gestire, e una volta sul campo l’Ucraina potrebbe avere problemi a mantenerli operativi”.

Gli Abrams sono macchine molto avanzate, progettate per essere usate da eserciti dotati di una logistica complessa, pezzi di ricambio, carburanti speciali e tecnici qualificati. L’Ucraina, già sotto pressione per sostenere il suo esercito, potrebbe faticare a mantenerli in funzione.

Il ministro della Difesa australiano Richard Marles ha preferito non commentare direttamente queste preoccupazioni, ma ha assicurato che tutto si sta svolgendo in coordinamento con gli Stati Uniti e l’Ucraina.

Questa vicenda mostra come anche gli aiuti militari all’Ucraina siano soggetti a equilibri delicati tra alleati. Da un lato c’è il bisogno urgente di armamenti per resistere all’invasione russa, dall’altro ci sono dubbi sull’efficacia e la sostenibilità di certi equipaggiamenti. Inoltre, mette in luce il ruolo crescente dell’Australia nella coalizione di Paesi che supportano Kyiv, nonostante si trovi dall’altra parte del mondo.

Spagna: secondo un’analisi demografica, gli spagnoli potrebbero diventare minoranza entro il 2045

Un rapporto del demografo Alejandro Macarrón (CEU-CEFAS), basato su dati dell’INE e di Eurostat, prevede che gli spagnoli nativi diventeranno minoranza in alcune province già dal 2035, e su scala nazionale a partire dal 2045, se le tendenze attuali non cambieranno. Le cause principali sono: bassa natalità, invecchiamento della popolazione e immigrazione non regolamentata. Le regioni più colpite saranno Catalogna, Paesi Baschi e Madrid, dove il sorpasso demografico avverrà tra il 2038 e il 2039.

Da quando Pedro Sánchez è diventato presidente del governo, si registrano oltre 620.000 spagnoli autoctoni in meno e più di 2,7 milioni di stranieri in più. Considerando anche i figli nati da madri straniere (quasi 600.000 dal 2018 al 2024), il saldo diventa ancora più netto: 1,2 milioni in meno di spagnoli nativi e 3,3 milioni in più di popolazione immigrata.

Al di là delle narrazioni ideologiche, lo studio solleva interrogativi concreti su futuro demografico, sostenibilità sociale, politiche migratorie e natalità. Una popolazione in rapido mutamento, senza strategia, può generare tensioni culturali, squilibri economici e fragilità nei sistemi di welfare.

La Germania ha posto fine alla sua opposizione all’energia nucleare

La Germania ha posto fine alla sua opposizione all’energia nucleare in un importante cambiamento sotto la guida del cancelliere Friedrich Merz, accettando di sostenere gli sforzi francesi per trattare l’energia nucleare alla stregua delle energie rinnovabili nella legislazione dell’UE.

“Questo rappresenterà un cambiamento di rotta significativo,” ha affermato un funzionario tedesco, mentre un alto diplomatico francese ha osservato che “tutti i pregiudizi contro l’energia nucleare nelle leggi dell’UE saranno rimossi”.

Berlino sta anche esplorando una cooperazione più stretta con Parigi sulla deterrenza nucleare contro la Russia, con un funzionario tedesco che ha dichiarato:

Ora siamo finalmente aperti a parlare con la Francia della deterrenza nucleare per l’Europa. Meglio tardi che mai.

Putin propone colloqui diretti a Istanbul il 15 maggio per un cessate il fuoco e un accordo di pace duraturo

In un annuncio a sorpresa, il presidente russo Vladimir Putin ha offerto a Kiev di avviare negoziati diretti a Istanbul il 15 maggio, con l’obiettivo non solo di ottenere un cessate il fuoco, ma di porre le basi per un accordo di pace a lungo termine, senza condizioni preliminari. Putin ha accusato l’Ucraina e in particolare l’Occidente di aver sabotato le intese raggiunte nel primo anno di guerra.

Il leader del Cremlino ha confermato che le operazioni militari russe sono ancora in corso, ma ha dichiarato che Mosca sta considerando la possibilità di estendere la tregua di tre giorni già in vigore, a seconda dell’atteggiamento ucraino. Ha anche criticato duramente i recenti attacchi di Kiev su Mosca, definendoli intimidatori.

Putin ha infine ringraziato pubblicamente i Paesi che hanno sostenuto la Russia, citando in particolare la Cina, con cui ha annunciato un ulteriore rafforzamento dei legami in vista delle celebrazioni in programma a Pechino sulla fine della guerra contro il Giappone. Menzionati anche Brasile e Stati africani come alleati di rilievo.

Questa mossa apre, per la prima volta da mesi, uno spiraglio concreto verso una de-escalation diplomatica. Il fatto che la proposta venga senza condizioni e con una sede già fissata come Istanbul — neutra e simbolicamente forte — segnala una volontà, almeno formale, di trattare. Tuttavia, il linguaggio usato da Putin e le accuse a Kiev mostrano che resta alta la sfiducia reciproca. Resta da vedere se si tratterà di un vero passo verso la pace o solo di una manovra tattica in vista di pressioni internazionali e della visita imminente di Trump nella regione.

Killer a 14 anni: il piano oscuro dell’Iran in Svezia

I conflitti cambiano forma

Innanzitutto, la storia ci insegna che i conflitti cambiano forma. Infatti, si adattano e si trasformano costantemente. Come l’acqua trova sempre un passaggio, anche la guerra cerca nuovi canali quando quelli tradizionali vengono bloccati. Di conseguenza, le periferie svedesi ne sono oggi un esempio preoccupante.

Giovani reclute inconsapevoli

Ora, pensate a un ragazzino di 14 anni, magari il figlio del vostro vicino. Naturalmente, lo vedete tornare da scuola con lo zaino o un pallone. Tuttavia, in alcuni quartieri di Stoccolma, quel ragazzino potrebbe essere stato reclutato da una gang locale. Pertanto, potrebbe essere stato incaricato di compiere azioni violente contro obiettivi israeliani. Inoltre, il più delle volte, non sa nemmeno di essere una pedina in un gioco geopolitico.

L’Iran nell’ombra

Questa situazione ricorda chiaramente la Guerra Fredda. In quel periodo, le superpotenze evitavano il confronto diretto. Piuttosto, preferivano usare attori locali per combattere le loro guerre. Nel frattempo, il committente restava nascosto mentre in prima linea andavano soldati ignari.

Attualmente, l’intelligence svedese ha prove che dietro queste operazioni ci sia l’Iran. Senza dubbio, è una strategia raffinata. Dopotutto, perché rischiare incidenti diplomatici quando puoi sfruttare gang criminali locali? In effetti, gruppi come Foxtrot e Rumba sono già radicati nel territorio. Di conseguenza, hanno accesso a giovani vulnerabili e facilmente manipolabili.

Reclutamento sui social

Nel corso del tempo, il metodo di reclutamento è cambiato radicalmente. Mentre in passato si sfruttavano fame, disperazione o ideologia, oggi si usa TikTok. Allo stesso modo, si usano WhatsApp e chat criptate. In questi spazi, i giovani ricevono istruzioni per compiere attacchi.

Certamente, l’evoluzione è impressionante. In particolare, si è passati dai volantini della Prima Guerra Mondiale ai manifesti sovietici. Al giorno d’oggi, abbiamo tutorial su smartphone che insegnano ai ragazzi come diventare soldati in una guerra incomprensibile.

Un modello familiare

Anzitutto, chi conosce la storia del Medio Oriente riconoscerà il modello. In realtà, è la stessa strategia usata dall’Iran con Hezbollah in Libano o con le milizie in Iraq e Yemen. Si tratta di una guerra per procura dove chi tira i fili resta nascosto.

La novità, però, è che questo modello arriva nel cuore dell’Europa. Infatti, le periferie svedesi, con problemi di integrazione e disuguaglianza, diventano terreno fertile. Analogamente a quanto accaduto in alcune aree del Libano o dell’Iraq.

La doppia crisi svedese

A questo punto, la Svezia affronta due crisi contemporaneamente. Da un lato, l’escalation della violenza giovanile interna. Dall’altro lato, l’ingerenza di potenze straniere che sfruttano queste vulnerabilità per i propri obiettivi.

In sostanza, è una nuova forma di colonialismo. Non più economico o territoriale, ma “conflittuale”. Ovvero, l’esportazione di conflitti esterni in territori lontani, sfruttando le fragilità sociali locali.

Perché dovrebbe interessarci?

Prima di tutto, questa situazione rappresenta un cambio di paradigma nei conflitti contemporanei. Non parliamo di eserciti su campi di battaglia. Nemmeno di terroristi addestrati in campi specializzati. Al contrario, parliamo di ragazzi comuni che frequentano le nostre scuole. Ragazzi che improvvisamente diventano soldati di una guerra incomprensibile.

In poche parole, è la democratizzazione della guerra. Perciò non servono più grandi investimenti militari o complesse catene di comando. Al contrario, bastano uno smartphone, un’app di messaggistica e un adolescente in cerca di identità.

Quindi, se oggi questo accade in Svezia, domani potrebbe accadere in qualsiasi altra nazione europea. In fin dei conti, le fragilità sociali e i problemi di integrazione non sono un’esclusiva svedese.

La lezione della storia

In conclusione, ogni epoca ha le sue forme di conflitto. Naturalmente, sono plasmate dalle tecnologie disponibili e dai contesti sociali. Per esempio, dal telegrafo durante la Guerra di Crimea alla radio durante la Seconda Guerra Mondiale. Oggi, invece, abbiamo questo nuovo modello di “conflitto adolescenziale delocalizzato”.

La vera domanda, dunque, è: siamo preparati a questa nuova minaccia? Le nostre società hanno gli strumenti per riconoscerla e affrontarla? Oppure continueremo a pensare alla sicurezza in termini convenzionali?

In definitiva, la guerra oggi non si combatte più solo con i missili o i carri armati. Piuttosto, si combatte sui social network, nelle chat, nei cortili delle scuole. Inoltre, i soldati non indossano più uniformi riconoscibili. Infatti, potrebbero essere seduti accanto a voi sull’autobus. Con le cuffie nelle orecchie e uno smartphone in mano.

In sintesi, questa riflessione ci riporta all’essenza della storia: comprendere il presente guardando al passato. Solo così, infine, possiamo immaginare dove ci porterà il futuro.