Giugno 8, 2025

2025

Addio al centesimo: gli Stati Uniti dicono basta alla moneta da un penny

È la fine di un’era per le monetine di rame che da più di un secolo tintinnano nelle tasche degli americani. Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti ha annunciato che presto non verranno più coniati penny: l’iconica moneta da un centesimo è destinata a scomparire.

La decisione, confermata da una portavoce del Tesoro e anticipata dal Wall Street Journal, arriva dopo anni di dibattito e porta con sé un risparmio significativo: ogni penny, infatti, costa quasi quattro centesimi per essere prodotto. Un paradosso che, secondo i calcoli del governo, pesa per circa 56 milioni di dollari ogni anno.

L’ex presidente Donald Trump aveva già lanciato la proposta di eliminarli lo scorso febbraio, presentandola come una misura di buon senso economico. Ora, con l’ultima ordinazione di metallo grezzo per i penny già effettuata, il conto alla rovescia è iniziato: una volta esaurite le scorte, la produzione sarà ufficialmente chiusa.

Gli Stati Uniti non sono i primi a compiere questo passo. Paesi come il Canada, la Nuova Zelanda e l’Australia hanno già abbandonato le loro monete da un centesimo, adattando la propria economia a un sistema di arrotondamenti automatici nei pagamenti in contanti.

Per molti americani, il penny non era più utile da tempo. Eppure, per altri, resta un simbolo culturale legato alla figura di Abraham Lincoln e al mito della parsimonia quotidiana. Con la sua uscita di scena, si chiude un piccolo ma significativo capitolo della storia monetaria degli Stati Uniti.

L’Australia invia carri armati Abrams all’Ucraina, ma Washington non è convinta.

L’Australia ha iniziato a spedire 49 carri armati M1A1 Abrams dismessi verso l’Ucraina. Si tratta di mezzi corazzati di fabbricazione americana, noti per la loro potenza ma anche per la complessità logistica e i costi elevati di manutenzione. I carri sono attualmente in viaggio via mare, anche se il governo australiano non ha rivelato dove si trovino o quando arriveranno, citando motivi di sicurezza.

Durante un incontro notturno a Roma, il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy ha ringraziato il primo ministro australiano Anthony Albanese per l’invio, confermando che la flotta è ufficialmente diretta al fronte.

I carri armati sono americani, quindi l’Australia, prima di cederli a un altro Paese, ha dovuto ottenere l’autorizzazione da Washington. Questa è una prassi comune nei contratti militari per controllare la destinazione finale degli armamenti sensibili.

Sebbene gli Stati Uniti abbiano dato il via libera, diversi funzionari a Washington hanno espresso, in forma anonima, frustrazione per la decisione australiana. Uno di loro ha spiegato che

“già l’anno scorso avevamo avvertito l’Australia: questi carri sono difficili da gestire, e una volta sul campo l’Ucraina potrebbe avere problemi a mantenerli operativi”.

Gli Abrams sono macchine molto avanzate, progettate per essere usate da eserciti dotati di una logistica complessa, pezzi di ricambio, carburanti speciali e tecnici qualificati. L’Ucraina, già sotto pressione per sostenere il suo esercito, potrebbe faticare a mantenerli in funzione.

Il ministro della Difesa australiano Richard Marles ha preferito non commentare direttamente queste preoccupazioni, ma ha assicurato che tutto si sta svolgendo in coordinamento con gli Stati Uniti e l’Ucraina.

Questa vicenda mostra come anche gli aiuti militari all’Ucraina siano soggetti a equilibri delicati tra alleati. Da un lato c’è il bisogno urgente di armamenti per resistere all’invasione russa, dall’altro ci sono dubbi sull’efficacia e la sostenibilità di certi equipaggiamenti. Inoltre, mette in luce il ruolo crescente dell’Australia nella coalizione di Paesi che supportano Kyiv, nonostante si trovi dall’altra parte del mondo.

Missili Houthi sfiorano un F-35 americano: cresce il rischio di escalation nel Mar Rosso.

Secondo un’inchiesta del New York Times, un missile terra-aria lanciato dagli Houthi ha quasi colpito un F-35 statunitense — il fiore all’occhiello della superiorità aerea americana — impegnato nell’Operazione Rough Rider. Il jet è stato costretto a manovre evasive per evitare l’impatto. In precedenza, gli Houthi avevano già abbattuto sette droni MQ-9 Reaper, del valore di circa 30 milioni di dollari ciascuno, ostacolando la capacità di sorveglianza USA nella regione.

Gli analisti avvertono che, nonostante i sistemi di difesa aerea Houthi siano considerati rudimentali, la loro alta mobilità e imprevedibilità li rende particolarmente insidiosi. Molti missili sono improvvisati, con sensori a infrarossi e armamenti riadattati, capaci di evitare la rilevazione anticipata anche dai radar americani più avanzati.

Inoltre, gli Houthi dispongono di sistemi moderni forniti dall’Iran, come i Barq-1 e Barq-2, capaci — secondo fonti del gruppo — di colpire a distanze fino a 70 km e altitudini oltre i 20.000 metri.

Lo scampato abbattimento di un F-35 da parte di un gruppo ribelle come gli Houthi solleva interrogativi gravi sulla vulnerabilità delle forze occidentali in scenari asimmetrici. L’incidente segnala anche la crescente efficacia delle armi iraniane distribuite a proxy regionali, trasformando i conflitti locali in banchi di prova per tecnologie avanzate. Se un caccia stealth di quinta generazione può essere minacciato da un SAM improvvisato o iraniano, le implicazioni per la sicurezza globale — e per un potenziale confronto diretto con Teheran — sono enormi.

Spagna: secondo un’analisi demografica, gli spagnoli potrebbero diventare minoranza entro il 2045

Un rapporto del demografo Alejandro Macarrón (CEU-CEFAS), basato su dati dell’INE e di Eurostat, prevede che gli spagnoli nativi diventeranno minoranza in alcune province già dal 2035, e su scala nazionale a partire dal 2045, se le tendenze attuali non cambieranno. Le cause principali sono: bassa natalità, invecchiamento della popolazione e immigrazione non regolamentata. Le regioni più colpite saranno Catalogna, Paesi Baschi e Madrid, dove il sorpasso demografico avverrà tra il 2038 e il 2039.

Da quando Pedro Sánchez è diventato presidente del governo, si registrano oltre 620.000 spagnoli autoctoni in meno e più di 2,7 milioni di stranieri in più. Considerando anche i figli nati da madri straniere (quasi 600.000 dal 2018 al 2024), il saldo diventa ancora più netto: 1,2 milioni in meno di spagnoli nativi e 3,3 milioni in più di popolazione immigrata.

Al di là delle narrazioni ideologiche, lo studio solleva interrogativi concreti su futuro demografico, sostenibilità sociale, politiche migratorie e natalità. Una popolazione in rapido mutamento, senza strategia, può generare tensioni culturali, squilibri economici e fragilità nei sistemi di welfare.

La Germania ha posto fine alla sua opposizione all’energia nucleare

La Germania ha posto fine alla sua opposizione all’energia nucleare in un importante cambiamento sotto la guida del cancelliere Friedrich Merz, accettando di sostenere gli sforzi francesi per trattare l’energia nucleare alla stregua delle energie rinnovabili nella legislazione dell’UE.

“Questo rappresenterà un cambiamento di rotta significativo,” ha affermato un funzionario tedesco, mentre un alto diplomatico francese ha osservato che “tutti i pregiudizi contro l’energia nucleare nelle leggi dell’UE saranno rimossi”.

Berlino sta anche esplorando una cooperazione più stretta con Parigi sulla deterrenza nucleare contro la Russia, con un funzionario tedesco che ha dichiarato:

Ora siamo finalmente aperti a parlare con la Francia della deterrenza nucleare per l’Europa. Meglio tardi che mai.

Anduril presenta Fury, il drone da combattimento che affiancherà i caccia americani

L’azienda statunitense Anduril, fondata da Palmer Luckey (creatore dell’Oculus Rift), ha svelato in anteprima il suo nuovo progetto per la US Air Force: Fury, un caccia da combattimento senza pilota, progettato per volare accanto agli aerei tradizionali come una sorta di “compagno leale”.

Un video concettuale mostrato dalla CBS ha simulato una missione in cui tre Fury volano in formazione davanti a un caccia pilotato, individuano un aereo nemico e lo attaccano prima che il pilota umano sia visibile o entro portata. In pratica, questi droni agiscono come esploratori armati e protettori del pilota.

Brian Schimpf, CEO di Anduril, ha spiegato:

“Questi droni volano davanti ai caccia pilotati, individuano per primi il nemico e possono ingaggiarlo molto prima che un caccia con pilota debba entrare in azione.”

Questo tipo di missione rientra nella nuova dottrina dell’Aeronautica USA, che prevede che i suoi futuri caccia più avanzati volino in formazione con droni autonomi oppure che i droni vengano impiegati in modo indipendente.

Fury sarà una componente chiave del F-47, il caccia stealth di sesta generazione sviluppato da Boeing. Tuttavia, il programma dovrebbe essere compatibile anche con i modelli attuali come l’F-35 Lightning II e l’F-22 Raptor.

Il progetto Fury rappresenta un passo concreto verso il futuro del combattimento aereo: uno in cui l’intelligenza artificiale e l’autonomia dei droni lavorano al fianco dei piloti, aumentandone la sopravvivenza e l’efficacia. Inoltre, produrre droni a basso costo e in grandi quantità potrebbe essere la risposta alla progressiva riduzione numerica della flotta americana. In un mondo in cui il dominio aereo è sempre più conteso, portare “massa nei cieli” è diventata una priorità strategica.

Guerra India-Pakistan: attacchi reciproci e cessate il fuoco in bilico

Il conflitto tra India e Pakistan continua ad aggravarsi, con bombardamenti lungo la Linea di Controllo del Kashmir e operazioni militari su entrambi i fronti. L’India ha lanciato attacchi su sei località pakistane, causando oltre 25 vittime civili, mentre Islamabad ha abbattuto cinque aerei indiani e colpito obiettivi militari in risposta.

L’Operazione Sindoor, avviata dall’India, è stata giustificata come ritorsione per l’attentato terroristico del 22 aprile a Pahalgam, che ha provocato 26 morti tra i turisti indiani. Nuova Delhi accusa Islamabad di sostenere gruppi armati responsabili dell’attacco, ma il Pakistan respinge le accuse, sostenendo che l’India stia cercando di destabilizzare la regione con offensive militari.

Sul piano diplomatico, Donald Trump ha annunciato un possibile cessate il fuoco immediato, frutto di negoziati internazionali guidati dagli Stati Uniti. Tuttavia, le tensioni restano alte e la tregua potrebbe essere fragile.

L’ONU ha espresso preoccupazione e ha sollecitato entrambe le parti alla moderazione. Nel frattempo, la Cina ha chiesto un approccio diplomatico per evitare un’escalation incontrollata, mentre il Regno Unito e la Francia monitorano la situazione con attenzione.

L’incertezza sulle intenzioni di entrambe le nazioni rende difficile prevedere l’evoluzione del conflitto. Se il cessate il fuoco verrà rispettato, sarà un primo passo verso la stabilizzazione della regione.

Putin propone colloqui diretti a Istanbul il 15 maggio per un cessate il fuoco e un accordo di pace duraturo

In un annuncio a sorpresa, il presidente russo Vladimir Putin ha offerto a Kiev di avviare negoziati diretti a Istanbul il 15 maggio, con l’obiettivo non solo di ottenere un cessate il fuoco, ma di porre le basi per un accordo di pace a lungo termine, senza condizioni preliminari. Putin ha accusato l’Ucraina e in particolare l’Occidente di aver sabotato le intese raggiunte nel primo anno di guerra.

Il leader del Cremlino ha confermato che le operazioni militari russe sono ancora in corso, ma ha dichiarato che Mosca sta considerando la possibilità di estendere la tregua di tre giorni già in vigore, a seconda dell’atteggiamento ucraino. Ha anche criticato duramente i recenti attacchi di Kiev su Mosca, definendoli intimidatori.

Putin ha infine ringraziato pubblicamente i Paesi che hanno sostenuto la Russia, citando in particolare la Cina, con cui ha annunciato un ulteriore rafforzamento dei legami in vista delle celebrazioni in programma a Pechino sulla fine della guerra contro il Giappone. Menzionati anche Brasile e Stati africani come alleati di rilievo.

Questa mossa apre, per la prima volta da mesi, uno spiraglio concreto verso una de-escalation diplomatica. Il fatto che la proposta venga senza condizioni e con una sede già fissata come Istanbul — neutra e simbolicamente forte — segnala una volontà, almeno formale, di trattare. Tuttavia, il linguaggio usato da Putin e le accuse a Kiev mostrano che resta alta la sfiducia reciproca. Resta da vedere se si tratterà di un vero passo verso la pace o solo di una manovra tattica in vista di pressioni internazionali e della visita imminente di Trump nella regione.

Killer a 14 anni: il piano oscuro dell’Iran in Svezia

I conflitti cambiano forma

Innanzitutto, la storia ci insegna che i conflitti cambiano forma. Infatti, si adattano e si trasformano costantemente. Come l’acqua trova sempre un passaggio, anche la guerra cerca nuovi canali quando quelli tradizionali vengono bloccati. Di conseguenza, le periferie svedesi ne sono oggi un esempio preoccupante.

Giovani reclute inconsapevoli

Ora, pensate a un ragazzino di 14 anni, magari il figlio del vostro vicino. Naturalmente, lo vedete tornare da scuola con lo zaino o un pallone. Tuttavia, in alcuni quartieri di Stoccolma, quel ragazzino potrebbe essere stato reclutato da una gang locale. Pertanto, potrebbe essere stato incaricato di compiere azioni violente contro obiettivi israeliani. Inoltre, il più delle volte, non sa nemmeno di essere una pedina in un gioco geopolitico.

L’Iran nell’ombra

Questa situazione ricorda chiaramente la Guerra Fredda. In quel periodo, le superpotenze evitavano il confronto diretto. Piuttosto, preferivano usare attori locali per combattere le loro guerre. Nel frattempo, il committente restava nascosto mentre in prima linea andavano soldati ignari.

Attualmente, l’intelligence svedese ha prove che dietro queste operazioni ci sia l’Iran. Senza dubbio, è una strategia raffinata. Dopotutto, perché rischiare incidenti diplomatici quando puoi sfruttare gang criminali locali? In effetti, gruppi come Foxtrot e Rumba sono già radicati nel territorio. Di conseguenza, hanno accesso a giovani vulnerabili e facilmente manipolabili.

Reclutamento sui social

Nel corso del tempo, il metodo di reclutamento è cambiato radicalmente. Mentre in passato si sfruttavano fame, disperazione o ideologia, oggi si usa TikTok. Allo stesso modo, si usano WhatsApp e chat criptate. In questi spazi, i giovani ricevono istruzioni per compiere attacchi.

Certamente, l’evoluzione è impressionante. In particolare, si è passati dai volantini della Prima Guerra Mondiale ai manifesti sovietici. Al giorno d’oggi, abbiamo tutorial su smartphone che insegnano ai ragazzi come diventare soldati in una guerra incomprensibile.

Un modello familiare

Anzitutto, chi conosce la storia del Medio Oriente riconoscerà il modello. In realtà, è la stessa strategia usata dall’Iran con Hezbollah in Libano o con le milizie in Iraq e Yemen. Si tratta di una guerra per procura dove chi tira i fili resta nascosto.

La novità, però, è che questo modello arriva nel cuore dell’Europa. Infatti, le periferie svedesi, con problemi di integrazione e disuguaglianza, diventano terreno fertile. Analogamente a quanto accaduto in alcune aree del Libano o dell’Iraq.

La doppia crisi svedese

A questo punto, la Svezia affronta due crisi contemporaneamente. Da un lato, l’escalation della violenza giovanile interna. Dall’altro lato, l’ingerenza di potenze straniere che sfruttano queste vulnerabilità per i propri obiettivi.

In sostanza, è una nuova forma di colonialismo. Non più economico o territoriale, ma “conflittuale”. Ovvero, l’esportazione di conflitti esterni in territori lontani, sfruttando le fragilità sociali locali.

Perché dovrebbe interessarci?

Prima di tutto, questa situazione rappresenta un cambio di paradigma nei conflitti contemporanei. Non parliamo di eserciti su campi di battaglia. Nemmeno di terroristi addestrati in campi specializzati. Al contrario, parliamo di ragazzi comuni che frequentano le nostre scuole. Ragazzi che improvvisamente diventano soldati di una guerra incomprensibile.

In poche parole, è la democratizzazione della guerra. Perciò non servono più grandi investimenti militari o complesse catene di comando. Al contrario, bastano uno smartphone, un’app di messaggistica e un adolescente in cerca di identità.

Quindi, se oggi questo accade in Svezia, domani potrebbe accadere in qualsiasi altra nazione europea. In fin dei conti, le fragilità sociali e i problemi di integrazione non sono un’esclusiva svedese.

La lezione della storia

In conclusione, ogni epoca ha le sue forme di conflitto. Naturalmente, sono plasmate dalle tecnologie disponibili e dai contesti sociali. Per esempio, dal telegrafo durante la Guerra di Crimea alla radio durante la Seconda Guerra Mondiale. Oggi, invece, abbiamo questo nuovo modello di “conflitto adolescenziale delocalizzato”.

La vera domanda, dunque, è: siamo preparati a questa nuova minaccia? Le nostre società hanno gli strumenti per riconoscerla e affrontarla? Oppure continueremo a pensare alla sicurezza in termini convenzionali?

In definitiva, la guerra oggi non si combatte più solo con i missili o i carri armati. Piuttosto, si combatte sui social network, nelle chat, nei cortili delle scuole. Inoltre, i soldati non indossano più uniformi riconoscibili. Infatti, potrebbero essere seduti accanto a voi sull’autobus. Con le cuffie nelle orecchie e uno smartphone in mano.

In sintesi, questa riflessione ci riporta all’essenza della storia: comprendere il presente guardando al passato. Solo così, infine, possiamo immaginare dove ci porterà il futuro.

L’Alleanza tra Russia e Libia

Recentemente, la Guardia di Finanza ha sequestrato diversi container cinesi contenenti elementi di fabbricazione del Wong Loong II, un modello di drone cinese da ricognizione con capacità offensiva. Questi droni sarebbero dovuti arrivare in Libia, per mano della Russia che dal 2011 sta cercando di avvicinarsi sempre di più al governo di Haftar.

Ma come è nato tutto ciò?

Il legame tra Russia e Libia, in particolare con il generale Khalifa Haftar, in realtà a quanto si pensa, ha radici profonde e complesse che affondano le proprie origini nei decenni passati. Durante la Guerra Fredda, l’Unione Sovietica cercò di estendere la sua influenza nel Nord Africa, vedendo nella Libia di Muammar Gheddafi un prezioso alleato. Le relazioni tra Mosca e Tripoli si rafforzarono, specialmente attraverso accordi militari e commerciali, che posero le basi per l’attuale coinvolgimento russo nel conflitto libico.

Dopo la caduta di Gheddafi nel 2011, la Libia si è trovata in uno stato di caos e divisione, con due principali fazioni in lotta per il controllo del paese. Da un lato, il Governo di Accordo Nazionale (GNA) con sede a Tripoli, riconosciuto dalle Nazioni Unite; dall’altro, l’Amministrazione di Tobruk sostenuta dall’Esercito Nazionale Libico (LNA).

La Russia ha scelto di supportare Haftar, vedendo in lui un possibile stabilizzatore che potrebbe anche garantire gli interessi russi nella regione. Questo sostegno si è concretizzato principalmente attraverso l’impiego del gruppo Wagner, che ha operato come braccio armato della politica estera russa in Libia. Il gruppo Wagner, noto per le sue operazioni in Siria e in altre zone di conflitto, ha fornito supporto logistico e militare alle forze di Haftar, consolidando la posizione del generale nel paese.

Gli obiettivi della Russia in Libia sono molteplici

  • Controllo delle Risorse Energetiche: La Libia possiede alcune delle più grandi riserve di petrolio in Africa, e la Russia ha un forte interesse a garantirsi l’accesso a queste risorse. Il gruppo Wagner ha facilitato l’accesso russo ai proventi del petrolio, utilizzando i guadagni per finanziare operazioni in altre parti del mondo, inclusa l’Ucraina, dove la Russia è sotto pesanti sanzioni internazionali.
  • Influenza Geopolitica: La posizione strategica della Libia nel Mediterraneo la rende un punto nevralgico per l’influenza russa. La presenza russa in Libia permette a Mosca di esercitare pressione sull’Europa, in particolare sfruttando la crisi migratoria per influenzare le politiche europee. Inoltre, la Libia serve come trampolino di lancio per l’espansione dell’influenza russa nel continente africano.
  • Influenza Militare: La Russia cerca di stabilire basi navali e aeree in Libia, che le permetterebbero di proiettare la sua potenza militare nel Mediterraneo e nel Nord Africa. Queste basi migliorerebbero la capacità operativa della Russia nella regione, rafforzando la sua presenza militare oltre il Mar Nero.

Il rapporto tra Mosca e Haftar è stato rafforzato attraverso frequenti incontri ad alto livello. Nel settembre 2023, Haftar ha incontrato il Presidente russo Vladimir Putin e il Ministro della Difesa Sergei Shoigu a Mosca. Durante questi incontri, le due parti hanno discusso delle dinamiche regionali e dei futuri piani di cooperazione.

Entrambi in paesi sono a conoscenza di quanto l’alleato sia importante, Haftar ha bisogno dei russi per consolidare il suo potere in Libia e i Russi hanno bisogno di Haftar per ottenere potere a livello geopolitico e militare nella regione Mediterranea e nel continente Africano. Questa collaborazione sembrerebbe essere solida e propensa a continuare, ed è per questo motivo che gli Stato Uniti cercano di quantomeno rallentare questa alleanza.